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Fobia degli aghi

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La fobia degli aghi ai tempi del Covid 19

Autore

Vittoria Brullo

La pandemia COVID-19 ha avuto un forte impatto sulla salute mentale, fisica e sociale della popolazione mondiale. Ad un anno di distanza, grazie alle innovazioni mediche e scientifiche ci sono diversi vaccini sicuri ed efficaci per il COVID-19.

Le opinioni che ciascuno di noi ha rispetto ai vaccini possono essere collocate lungo un continuum dove ad un estremo si trova la completa accettazione, e all’altro l’esitazione vaccinale, definita come il ritardo nell'accettazione o nel rifiuto alla vaccinazione nonostante la disponibilità dei servizi. Secondo l’OMS l’esitazione vaccinale rappresenta una delle principali minacce per il superamento della pandemia.

Il rifiuto a vaccinarsi può essere influenzato da diversi fattori, tra cui la belonefobia, ovvero la fobia degli aghi; nello specifico, quando lo stimolo fobico è rappresentato dai vaccini si parla di vaccinofobia.

In linea generale, è abbastanza comune avere timore di oggetti come siringhe, bisturi o altri strumenti associati a situazioni in cui la nostra salute può essere considerata in pericolo; quindi, questa paura rappresenta una reazione fisiologica dell’organismo davanti ad una situazione spaventosa, di minaccia o di pericolo, preparando l’organismo ad un’azione di attacco-fuga. Ma quando questa reazione diventa patologica? Quando la fobia degli aghi risulta eccessiva e persistente.

La belonefobia si caratterizza, infatti, come una paura persistente, patologica e ingiustificata di aghi e spilli e, in generale oggetti taglienti come forbici e coltelli. L'esposizione allo stimolo fobico provoca disagio, ansia o forte avversione, fino alla manifestazione di veri e propri attacchi di panico; i sintomi correlati sono: svenimenti, palpitazioni, tachicardia, sudorazione aumentata (soprattutto ai palmi delle mani), capogiri, pallore, nausea, mancanza di respiro, sensazione di vertigine nel vedere l’ago o altri oggetti temuti.

La fobia degli aghi può diventare così invalidante per la persona da fargli evitare quelle situazioni in cui sarebbe esposto allo stimolo ansiogeno, rifiutando interventi medici necessari (analisi, visite mediche, vaccini).

Questo comportamento, come è possibile immaginare, potrebbe avere conseguenze sia sullo stato di salute della persona che influenzare la salute degli altri.

Sembra essere un disturbo abbastanza comune, infatti si stima che a soffrirne sia circa il 10% della popolazione mondiale, sebbene le cause siano ancora poco chiare.

La belonefobia può essere affrontata con diversi strumenti terapeutici (psicoterapia, tecniche di rilassamento, farmaci ecc.), anche in combinazione tra loro. Questi interventi permettono alla persona di razionalizzare la propria fobia, aiutandola a concentrarsi sulla possibilità di fronteggiare i pensieri ansiogeni e le convinzioni negative correlate alla paura degli aghi.

La psicoterapia Cognitivo-Comportamentale ha un ruolo centrale, in quanto favorisce la formulazione di diagnosi precoci, aiuta la persona a riconoscere il problema e permette di apprendere tecniche di autocontrollo emotivo che permettono di ridimensionare la propria paura, grazie all’utilizzo di tecniche specifiche. Una tecnica efficace è quella che comporta un’esposizione graduale e ripetuta nel tempo agli stimoli fobici in condizioni controllate, fino ad ottenere una desensibilizzazione sistematica; questa tecnica permette di affrontare le idee negative connesse alla paura degli aghi. Altri strumenti che risultano efficaci sono le tecniche di rilassamento (training autogeno, esercizi di respirazione e yoga) che possono contribuire a gestire l'ansia correlata alla paura degli aghi. Nei casi più gravi potrebbe essere richiesto anche un trattamento farmacologico prescrivendo benzodiazepine, i beta-bloccanti, gli antidepressivi triciclici, gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) e gli inibitori delle monoamino ossidasi (MAOI), per controllare i sintomi di patologie che sono correlate al disturbo fobico (quali ansia e depressione).

Possiamo concludere affermando come risulta essere indispensabile, ad oggi, in piena crisi pandemica, riconoscere le persone che presentano tale fobia, per intervenire a salvaguardia della loro salute e di quella di tutta la popolazione, favorendo in questo modo il superamento della pandemia.

Istituto Miller – Istituto di Psicologia
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