Di cosa parliamo quando usiamo il termine "femminicidio"
Autore
Dott.ssa Simona Adelaide Martini
Femminicidio: un sostantivo molto maschile
“Una parola vuota di pensiero è una cosa morta, nello stesso modo in cui un pensiero nudo di parole rimane in ombra”. [Lev Semënovič Vygotski]
femminicidio
fem·mi·ni·cì·dio/ sostantivo maschile
• Qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte.
• Propr. Uccisione di una donna o di una ragazza.
I neologismi, nelle lingue, nascono prevalentemente dalla necessità di creare parole nuove, mai utilizzate, ma più adatte di quelle esistenti, per definire fenomeni, situazioni, elementi e qualunque cosa abbia ormai un riconoscimento e una rilevanza tali da dover essere inquadrati a livello linguistico.
Il linguaggio verbale rappresenta una forma di convenzione che permette agli esseri umani di comunicare utilizzando termini riconosciuti e condivisi.
Un termine per distinguere un determinato tipo di violenza di genere
Da dove nasce, dunque, la necessità di individuare un termine che descriva e raccolga, più e meglio di altri e in modo diretto e inequivocabile, tutti i tipi di violenza perpetrate sulle donne? Presumibilmente dalla realtà.
Le statistiche (che dovremmo tutti imparare a leggere) ci dicono che negli ultimi decenni sono diminuiti gli omicidi di donne. Vero. Ma se leggiamo più attentamente (basta una sbirciata veloce), in realtà ci accorgiamo che gli omicidi sono diminuiti tutti, ma, in proporzione, non quello delle donne.
Sarebbe già sufficiente a individuare un fenomeno, ma c’è di più: non diminuiscono le violenze, fatte di minacce, abusi psicologici e sessuali, nonché economici, lo stalking, le discriminazioni sul posto di lavoro, in famiglia, ovunque.
Non è forse sufficiente a ritenere necessario, almeno, un contenitore linguistico per tutto ciò? Una macrocategoria che racchiuda tutte le forme di violenza per poi poterle distinguere a seconda che ci si trovi in contesti psicologici, giuridici, filosofici, sociologici? Un termine che esuli da motivazioni, differenze culturali, individuali, psicologiche, di contesto, di efferatezza, di conseguenze?
Una "rete antiviolenza" contro il femminicidio
Una parola che fermi lo sguardo, l’attenzione, il pensiero, le elucubrazioni, per un secondo? Un attimo, un istante, un fermo-immagine.
Femminicidio. F-e-m-m-i-n-i-c-i-d-i-o. FEMMINICIDIO. FEM-MI-NI-CI-DIO.
Linguaggio e pensiero hanno origini diverse, ma a poco a poco il pensiero diventa verbale e la parola razionale a furia di leggere questa parola, purtroppo numerose volte utilizzata a causa degli eventi tragici e dolorosi ormai quotidiani, i neuroni e le sinapsi delle persone cominciano a strutturarsi su questo specifico concetto.
Un concetto che rimanda a un fenomeno. Un fenomeno che rimanda alla necessità di intervenire. Con leggi ad hoc, prevenzione, sensibilizzazione, creazione di reti antiviolenza, formazione strutturata degli operatori. Dibattiti. Confronti. Lotte.
Istituto Miller e la Violenza di Genere
Vi segnaliamo che l’Istituto il Miller ha organizzato, il workshop Violenza di Genere: dalla prevenzione all’intervento, previsto per il 2 ottobre 2020 e condotto dalla Dr.ssa Francesca Quaglia, psicologa-psicoterapeuta- Responsabile centro Antiviolenza Belluno- Donna.
Altre informazioni sul Workshop: [Clicca qui]