Fobia Sociale
Autore
Dott. Luca Rossello
Con il termine “Fobia sociale” si identifica un particolare disturbo psicologico caratterizzato da una paura eccessiva relativa a molteplici situazioni sociali: il soggetto prova una forte ansia all’idea di essere giudicato, criticato o umiliato da parte di altre persone. Chi soffre di questo disturbo viene colpito da numerosi pensieri negativi legati all’impressione che avrà sugli altri (“Sembrerò noioso?”, “La gente penserà che sono stupido”, “Tutti noteranno che sono agitato”, “Darò l’impressione di essere un matto”, potrebbe pensare). Questa forte preoccupazione di una possibile “brutta figura” porta queste persone a limitare o evitare ogni evento sociale: ciò causa un forte senso di solitudine, scarso successo in ambito scolastico o lavorativo e la possibile insorgenza di stati depressivi e/o abuso di sostanze.
La fobia sociale è uno dei disturbi psicologici più diffusi: sembra infatti che circa il 10% della popolazione soffra di questa condizione (Keller M. B., 2003). Si stima che l’esordio avvenga principalmente nella prima fase dell’adolescenza (Stein M. B. & Stein D. J., 2008) e che le donne siano più colpite rispetto agli uomini (Ruscio A. M. et al., 2008).
Questo disturbo porta l’individuo a provare specifici sintomi fisici quali tremori, rossore del volto, aumento del battito cardiaco, eccessiva sudorazione, difficoltà a deglutire, secchezza delle fauci, fastidio a livello gastrointestinale, contrazioni muscolari, difficoltà a respirare e vertigini. Dal punto di vista psicologico, il soggetto può essere colpito da stati di forte ansia, nervosismo, dismorfofobia (eccessiva preoccupazione per i propri difetti fisici), imbarazzo, “vergogna di vergognarsi”, autosvalutazione, attacchi di panico e un senso di sconfitta personale al termine dell’evento sociale. Dal punto di vista comportamentale, la persona arriva a evitare le situazioni sociali in cui può essere al centro dell’attenzione (per esempio, feste di compleanno), tende a rinviare esami o appuntamenti importanti, non mangia davanti ad altre persone, evita di parlare di fronte a un pubblico e ricorre all’uso di alcool e/o droghe per sentirsi più tranquilla.
Quali sono quindi, nello specifico, le situazioni che possono andare a innescare questa problematica? Tutte quelle che mettono il soggetto alla prova, dove si può sentire giudicato da altri. Alcuni esempi possono essere: conoscere nuove persone, chiedere informazioni, iniziare una chiamata, parlare con individui autorevoli o ritenuti superiori, guardare negli occhi le persone, parlare in pubblico, fare o accettare complimenti, utilizzare i bagni pubblici, prendere la parola in una riunione, firmare davanti a degli osservatori, incontrare persone da cui si è attratti, partecipare a cene/feste, esprimere la propria opinione quando è in contrato con quella altrui, ecc…
È fondamentale precisare che è del tutto comune essere interessati dall’ansia anticipatoria quando, ad esempio, dobbiamo affrontare un esame universitario o parlare davanti a una platea piena di persone. Questo può essere dovuto anche semplicemente a una condizione di timidezza, che può causare qualche difficoltà, rimanendo comunque gestibile. La fobia sociale, invece, si manifesta con stati di ansia invalidanti (che possono portare ad attacchi di panico), eccessiva paura e malessere psicosomatico. La differenza principale sta proprio nell’intensità e nella tipologia delle emozioni provate: quelle relative alla fobia sociale sono molto più intense e disfunzionali.
Il disturbo d’ansia sociale (o fobia sociale) rientra nel capitolo legato ai disturbi d’ansia del DSM-V (il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali). Sono presenti quindi dei criteri per effettuare una diagnosi che certifica la presenza della fobia sociale. I principali sono: paura o ansia marcata nell’essere esposti a situazioni sociali, forte preoccupazione che gli altri possano accorgersi dei segnali fisici legati all’ansia sociale (“si accorgeranno che sto tremando”, penserebbe un fobico sociale), evitamento delle situazioni sociali, paura sproporzionata rispetto alla reale minaccia rappresentata dal contesto sociale. L’ansia causa problematiche in diverse aree del funzionamento fisico e i principali sintomi devono essere persistenti per 6 mesi o più.
Una serie di fattori può causare l’insorgenza di questa fobia. Innanzitutto, vanno riportate le cause genetiche: è stato riscontrato che i soggetti con uno o più genitori che hanno sofferto di disturbo d’ansia sociale hanno una probabilità maggiore del 30-40% di sviluppare questa condizione rispetto alla media (Norrholm S. D. & Ressler K. J., 2009). È stato riscontrato poi che le persone colpite da ansia sociale sono interessate da una iperattività (superiore alla norma) dell’amigdala e della corteccia prefrontale destra (Martin E. I. et al, 2009). Un’altra scoperta fatta è che le persone con alti livelli di autocritica e bassa autostima sono più portate a essere colpite dalla fobia sociale (De Jong P. J., 2002) (Cox B. J. et al., 2004). Per quanto riguarda le influenze ambientali, invece, è stato provato che essere stato vittima di bullismo o aver vissuto un abuso fisico e/o emotivo può favorire lo sviluppo di problemi di ansia sociale (Brook C. A. & Schmidt L. A., 2008). Infine, è stato rilevato che i bambini con un attaccamento insicuro con il proprio caregiver hanno maggiori probabilità di sviluppare l’ansia sociale (Brumariu L. E. & Kerns K. A., 2008).
La fobia sociale può essere gestita con un trattamento psicoterapeutico: la terapia cognitivo comportamentale si è dimostrata particolarmente efficace (Leveni D. et al., 2002) (Stein M. B. & Stein D. J., 2008). Dopo una prima fase di conoscenza del disturbo, il terapeuta andrà ad aiutare il paziente a modificare le possibili credenze e rappresentazioni patogene, attraverso la cosiddetta ristrutturazione cognitiva. Un’altra tecnica terapeutica che verrà utilizzata è l’esposizione graduale alle situazioni sociali temute, includendo degli interventi volti ad accettare una normalissima ed eventuale “brutta figura”. In conclusione, verranno incrementate le abilità sociali del soggetto, sviluppando anche un training che punti ad aumentare il comportamento assertivo del paziente.
STUDIOGRAFIA
– Brook C. A. & Schmidt L. A., Social anxiety disorder: a review of environmental risk factors, Neuropsychiatr Dis Treat, n. 4(1), pp. 123-143, 2008
– Brumariu L. E. & Kerns K. A., Mother-Child Attachment and Social Anxiety Symptoms in Middle Childhood, J Appl Dev Psychol., n. 29(5), pp. 393-402, 2008
– Cox B. J., Fleet C., Stein M. B., Self-criticism and social phobia in the US national comorbidity survey, J Affect Disord., n. 82(2), pp. 227-234, 2004
– De Jong P. J., Implicit self-esteem and social anxiety: differential self-favouring effects in high and low anxious individuals, Behav Res Ther., n. 40(5), pp. 501-508, 2002
– Keller M. B. The lifelong course of social anxiety disorder: A clinical perspective, Acta Psychiatrica Scandinavica, n. 108(417), pp. 85–94, 2003
– Leveni, D., Piacentini D., Campana A., Effectiveness of cognitive-behavioural treatment in Social Phobia: A description of the results obtained in a public mental health service, Epidemiologia E Psichiatria Sociale, n. 11(2), pp. 127-133, 2002
– Martin E. I., Ressler K. J., Binder E., Nemeroff C. B., The neurobiology of anxiety disorders: brain imaging, genetics, and psychoneuroendocrinology, Psychiatr Clin North Am., n. 32(3), pp. 549-575, 2009
– Norrholm S. D. & Ressler K. J., Genetics of anxiety and trauma-related disorders, Neuroscience, n. 164(1), pp. 272-287, 2009
– Ruscio A. M., Brown T. A., Chiu W. T., Sareen J., Stein M. B., Kessler R. C., Social fears and social phobia in the USA: results from the National Comorbidity Survey Replication, Psychol Med., n. 38(1), pp. 15-28, 2008
– Stein M. B. & Stein D. J., Social anxiety disorder, The Lancet, Volume 371, Issue 9618, pp. 1115 – 1125, 2008