Come la cultura influenza le allucinazioni uditive nella schizofrenia. California, India e Ghana: una ricerca transculturale sulla percezione delle "voci"
Autore
Gabriella Spiga
Un’interessante ricerca pubblicata sul British Medical Journal of Psychiatry, a cura di Luhrmann e altri, ha posto in risalto come una psicopatologia possa presentarsi e avere manifestazioni e contenuti differenti a seconda della cultura di appartenenza del soggetto.
Questi ricercatori della Stanford University (California) infatti hanno mostrato come la cultura influenzi l’esperienza delle allucinazioni uditive nelle persone affette da schizofrenia.
Lo studio si è svolto tramite la comparazione delle interviste strutturate indirizzate a tre gruppi differenti, formati ognuno da venti individui affetti da schizofrenia.
Tutti gli individui rispettavano almeno due sintomi positivi ovvero:
• Allucinazioni e deliri;
• Persistenza della malattia per almeno sei mesi (la maggior parte dei pazienti erano affetti da schizofrenia ormai da più anni);
• Serio impatto della malattia sulle loro vite.
La ricerca si è focalizzata su tre aree:
• San Mateo (California): 10 uomini e 10 donne, età media 43 anni, reclutati presso il San Mateo County Psychiatric Hospital;
• Accra (Ghana): 11 uomini e 9 donne, età media 41 anni, reclutati presso la Schizophrenia Research Foundation;
• Chennai (India): 8 uomini e 12 donne, età media 34 anni, reclutati presso l’Accra General Psychiatric Hospital.
Le interviste erano strutturate in modo da conoscere le caratteristiche delle allucinazioni uditive, quante voci i partecipanti sentissero, quanto spesso, se mai avessero avuto allucinazioni associabili ad altre forme sensoriali, ma in particolare a chi i pazienti associassero la voce parlante. Inoltre, i ricercatori volevano approfondire se i partecipanti avessero conversazioni con le voci, come giudicassero il rapporto con loro, se le ritenessero disturbanti o al contrario positive e rassicuranti, se la voce potesse appartenere ad un’entità superiore, ecc.
I ricercatori affermano che non tutti i partecipanti hanno completato il protocollo intero di intervista, ma tutti hanno parlato della loro esperienza in dettaglio.
Analizzando più in dettaglio i dati raccolti, è possibile notare quanto segue:
• San Mateo (California). Quattordici pazienti hanno riferito di sentire voci descritte come minacciose, che suggerivano al paziente di danneggiare se stesso o altri individui. Sono state riportate alcune testimonianze, in una di queste un paziente afferma: “Di solito, è come torturare le persone, la voce mi suggerisce di staccare gli occhi con una forchetta, o di tagliare la testa di qualcuno e bere il loro sangue, roba veramente brutta". Cinque persone addirittura descrivevano la loro esperienza uditiva come “guerra caotica e estremamente violenta”. Solo due hanno riferito di aver ascoltato la voce di un membro familiare, ed in entrambi i casi si trattava di donne molestate dal padre e che appunto affermavano di sentire la sua voce minacciosa. Altri pazienti americani hanno descritto le loro voci come pensieri irreali in cui vi è “un rapporto interrotto tra i pensieri e la mente”, mente che non riescono a controllare e governare in alcun modo consapevole.
• Chennai (India). In undici confermano di aver sentito voci di parenti (padre, madre, suocera, cognata, marito o moglie), che si comportavano proprio come i parenti in vita, ovvero erano allo stesso tempo guide, ma davano anche rimproveri. In un caso particolare una donna ha affermato che le voci udite erano almeno otto, tutte di parenti che la rimproveravano costantemente, talvolta anche dicendole che sarebbe dovuta morire, ma che allo stesso tempo la guidavano affinché adempiesse ai suoi compiti e alla sua cura personale. Almeno tredici riferivano che più che sentirsi minacciati dalle voci si sentivano disturbati dal fatto che parlassero continuamento di sesso, facendo riferimenti continui e espliciti sulla sfera sessuale ed intervenendo con particolare intensità durante situazioni intime del paziente. Nove persone hanno parlato delle loro voci come spiriti o esseri magici (anche se solo sei ritenevano di aver sentito la voce di un dio). Un fatto particolarmente interessante e peculiare è che in molti abbiano descritto queste voci dicendo che con loro si era instaurata una particolare relazione di “intrattenimento”. Ad esempio un paziente dice: “Mi piace la voce che sento”; “Ho un compagno per parlare, non devo uscire per parlare. Posso parlare dentro di me! Giocherò con la mia mente “. E’ infatti interessante notare, a partire da esempi come questo, come parecchi partecipanti indiani sembrino sperimentare la loro voce principale come non solo amichevole, ma anche giocosa e in qualche modo divertente, cosa che non accade assolutamente negli altri due gruppi.
• Accra (Ghana). Anche se molti dei partecipanti di Accra erano consapevoli che ascoltare le voci poteva essere un segno di malattia psichiatrica, il loro mondo sociale è particolarmente incline ad accettare che vi siano spiriti umani non incarnati che possono parlare. “Le voci sono spiriti", “Dio sta salvando la mia vita”, sono solo alcune delle frasi che vengono riportate dai ricercatori e che venivano più frequentemente pronunciate dai pazienti del gruppo di Accra. Tali pazienti dicono che talvolta è capitato che sentissero voci negative, ma che la potenza della voce di Dio (o di spiriti buoni) era molto più forte, e che era appunto questa voce a guidarli e a permettere loro di ignorare le voci minacciose, dando modo così ai pazienti di salvarsi, dando loro consigli utili e vantaggiosi. Solo quattro soggetti hanno affermato di non sapere a chi appartenesse la voce che parlava con loro e hanno descritto queste loro esperienze come negative (tra questi, in due hanno detto che le loro voci erano sconosciute e li spingevano a uccidere o a combattere).
Interessanti differenze nei tre gruppi nella qualità dell’esperienza uditiva e, in particolare, nella qualità del rapporto con la voce.
Nel campione di pazienti americani, nessuno ha parlato di voci positive o di relazioni di alcun tipo con la voce, ma invece tali pazienti riportavano queste esperienze come notevolmente più violente, odiose, le voci venivano descritte severe e ostili, che incitavano a compiere atti violenti verso sé o verso altri.
Al contrario molti partecipanti di Chennai e Accra hanno insistito sul fatto che le loro esperienze con le voci udite erano state prevalentemente positive. La maggior parte dei soggetti di questi due gruppi affermava di poter attribuire le voci ad una figura umana solitamente conosciuta (madre, padre, fratelli, sorelle, ecc.) o altresì ad uno spirito conosciuto nella cultura del paziente stesso. Questi intervistati sembravano inoltre avere relazioni umane reali con le voci, a volte anche quando tali voci non erano viste come del tutto positive.
Può essere utile a tal proposito soffermarsi su alcuni aspetti generali che caratterizzano le culture di appartenenza dei tre gruppi: gli Orientali appartengono più spesso a culture collettiviste, mentre gli Occidentale a culture più individualiste.
È plausibile che tali differenze, per apprendimento sociale, influenzino il funzionamento mentale anche nella manifestazione della psicopatologia e modellino l’esperienza allucinogena uditiva, a seconda appunto della realtà d’origine.
I pazienti schizofrenici californiani avevano più probabilità di sperimentare le loro voci come un assalto alla loro sfera intima, una vera e propria intrusione nel loro mondo privato, su cui i pazienti non potevano esercitare alcun controllo. I pazienti indiani e africani non erano in alcun modo disturbati dal fatto che le voci potessero rappresentare un’intrusione sulla sfera del personale ed è forse per questo che venivano interpretate come appartenenti a persone, spesso amate o autorevoli, su cui non era necessario cercare di esercitare un controllo.
Ci sono state, tuttavia, molte differenze tra le voci udite dai soggetti di Accra e di quelle di Chennai: l’esperienza uditiva dei pazienti di Chennai includeva più giocosità e maggiore enfasi sul sesso, mentre l’esperienza dei pazienti di Accra era più orientata verso la sfera sacra e religiosa.
La differenza sostanziale sembra dunque essere stata quella che i pazienti schizofrenici di Chennai e Accra si sono mostrati più portati ad interpretare le loro voci come una forma di relazione con persone o entità spirituali e non come segno di una mente violata da un’ostile invasione esterna.
Al contrario, i pazienti appartenenti alla cultura americana (che enfatizza l’autonomia dell’individuo) hanno avuto la tendenza a valutare i medesimi sintomi schizofrenici come veri e propri attacchi alla intimità della persona e come segnali “brutali” di deviazione mentale.
Fonte:
Luhrmann, T.M., Padmavati, R., Tharoor, H., Osei, A. (2015). Differences in voice-hearing experiences of people with psychosis in the USA, India and Ghana: interview-based study. British Journal of Psychiatry, 206 (1) 41-44.
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