Omofobia interiorizzata
Autore
Dott. Luca Rossello
Prima di analizzare l’omofobia interiorizzata è necessario spiegare brevemente il significato della parola “omofobia”. Con questo termine si identifica l’atteggiamento ostile nei confronti di uomini e donne omosessuali. Si esprime attraverso idee, pensieri e comportamenti negativi nei confronti di gay e lesbiche: questo origina critiche, scherno, disprezzo per poi arrivare alla vera e propria violenza psichica e fisica.
Quando parliamo di omofobia interiorizzata, invece, ci riferiamo a una specifica forma omonegativa costituita dall’insieme delle componenti emotive negative (come l’ansia, l’avversione e il disprezzo) che le persone omosessuali provano nei confronti dei comportamenti, atteggiamenti omosessuali propri o altrui. Un individuo omosessuale, durante il corso della sua vita, può sviluppare delle convinzioni negative riguardo alla propria sessualità a causa dei numerosi pregiudizi negativi di natura omofoba. Questi ultimi aleggiano nella nostra società, attraverso l’ambiente scuola, il luogo di lavoro, i mass-media, il web, la “strada”, ecc… Inevitabilmente, una persona omosessuale non ancora consapevole del proprio orientamento o che ancora non è riuscita ad accettarlo, con il tempo potrebbe rischiare di accogliere queste pressioni omonegative, arrivando al punto di sviluppare una forte ostilità verso altri gay o lesbiche consapevoli e sereni del proprio orientamento sessuale.
Questa specifica forma di omofobia può portare a conseguenze pericolose; ne è un esempio emblematico l’episodio della sparatoria avvenuta nel 2016 nella discoteca LGBTQIA+ “Pulse”, a Orlando, negli Stati Uniti. Un uomo entrò nel locale uccidendo 49 persone. Dalle indagini dell’FBI si venne a scoprire che l’attentatore frequentava il locale e alcune chat gay d’incontro. Questo portò gli inquirenti a considerare come movente dell’attacco la possibile omosessualità repressa e mai accetta dell’assassino.
Le principali cause inerenti all’esistenza di questa specifica forma di omofobia sono quattro. Innanzitutto, lo stigma sociale: esso è la condizione contro cui le persone omosessuali devono combattere maggiormente. La seconda è quella relativa ai pregiudizi omonegativi: l’assunzione delle credenze stereotipate negative nei confronti dei gay e delle lesbiche può portare questi ultimi a provare l’omofobia interiorizzata. La terza fa riferimento all’isolamento: le persone omosessuali presentano una carenza di supporto sociale, che porta al rischio di fare sviluppare loro una condizione psico-patologica. Per ultima va citata la disinformazione: la mancata conoscenza della realtà LGBTQI+, rende ragazzi gay e ragazze lesbiche inabili a combattere i pregiudizi omofobici.
I livelli di omofobia interiorizzata possono essere influenzati da diversi fattori che caratterizzano la persona omosessuale. In primo luogo, i fattori ambientali e familiari: vivere in un paese fortemente conservatore e/o crescere in una famiglia omofoba porta più facilmente allo sviluppo di tale problematica. Inoltre, vanno considerati anche gli stessi fattori individuali: il soggetto, se è già molto vulnerabile di sua natura, con la scoperta del proprio orientamento sessuale (diverso da quello maggioritario) può avere un crollo psicologico, che può portarlo a reprimere il proprio orientamento omosessuale e a percepire l’omofobia interiorizzata.
Durante la fase in cui il soggetto riconosce il proprio orientamento omosessuale, possono manifestarsi due tipologie differenti di omofobia interiorizzata. La prima è quella cosiddetta esplicita: il soggetto è consapevole di odiare il mondo gay e non accetta in alcun modo la propria identità “sbagliata”. Questi sentimenti di odio sono decisamente destabilizzanti per il soggetto, che vivrà un forte malessere psicofisico. La seconda tipologia è quella di tipo implicito: in questo caso l’individuo sembra accettare in parte la propria identità, ma allo stesso tempo accetta in maniera passiva il fenomeno della discriminazione sociale verso il mondo omosessuale (ritenendo giusto che i gay non possano avere gli stessi diritti civili degli eterosessuali, ad esempio). Altre forme subdole di omofobia interiorizzata possono subentrare nei casi di coming out (dichiarare in maniera volontaria il proprio orientamento sessuale) dall’esito fortemente negativo. Ad esempio, un ragazzo gay non accettato dalla famiglia può vivere questo fatto come un vero e proprio fallimento: ciò potrà portarlo ad addossarsi la colpa e sviluppare una visione negativa della propria omosessualità.
L’omofobia internalizzata (o interiorizzata) porta a numerosi effetti negativi sul piano psicologico degli omosessuali: difficoltà nel socializzare con altri gay dichiarati in pubblico, accettazione passiva dei pregiudizi omonegativi, necessità di differenziarsi in ogni modo dagli altri omosessuali (es. “io non sono come loro”), grande senso di autosvalutazione, mancata soddisfazione dell’intimità fisica ed emotiva, percezione costante del senso di solitudine, forte senso di colpa e paura sproporzionata di “essere scoperti”.
Numerosi studi, inoltre, hanno dimostrato che l’omofobia interiorizzata incide negativamente su molteplici aspetti. Il disgusto verso la propria omosessualità porta a una riduzione della propria autostima, del benessere psicosociale e della salute fisica (Chung B. Y. & Szymanski D. M., 2003). È stato riscontrato poi che ad alti livelli di omofobia internalizzata sono associati a bassi punteggi di confidenza con il proprio aspetto fisico, di stabilità emotiva (Rowen J. &. Malcolm J. P, 2002), di speranza, di supporto sociale ed empowerment (Livingston J. D. & Boyd J. E., 2010). Inoltre, possono subentrare disturbi psicosomatici e sintomi depressivi (Alexander R. A., 1986). Lo stesso comportamento sessuale verrebbe influenzato: gli omosessuali che presentano un’elevata percentuale di omofobia interiorizzata sono più propensi a mettere in atto comportamenti sessuali a rischio (come il sesso non protetto) (Newcomb M. E. & Mustanski B., 2011).
Risolvere questa problematica in un soggetto omosessuale è di fondamentale importanza: solo attraverso il superamento dell’omofobia internalizzata una persona omosessuale riuscirà a completare una formazione positiva della propria identità. Va subito sottolineato che il punto di partenza principale per un intervento efficace è capire quali siano i pregiudizi e gli stereotipi di natura omofoba che ha interiorizzato il paziente: molto spesso bisogna promuovere nell’individuo il raggiungimento dell’”abitudine all’omosessualità”, dimostrandogli che non c’è nulla di “strano” o “malato” nell’essere interessato da un orientamento sessuale diverso da quello maggioritario. La psicoterapia cognitivo-comportamentale può essere di grande aiuto nel prendere una maggiore consapevolezza della propria identità.
Le principali strategie che possono essere adottate sono: ristrutturazione cognitiva (che vada a sradicare le credenze stereotipate negative sul tema LGBTQIA+), eliminazione della visione negativa sviluppata in merito al proprio orientamento sessuale, approfondimento delle tematiche gay e incontro con altre persone omosessuali (per dimostrare al soggetto che esistono moltissimi gay e lesbiche che vivono serenamente il proprio orientamento sessuale).
STUDIOGRAFIA
– Alexander R. A., The relationship between internalized homophobia and depression and low-self esteem in gay men. Unpublished doctoral dissertation, University of California 1986
– Livingston J. D. & Boyd J. E., Correlates and consequences of internalized stigma for people living with mental illness: A systematic review and meta-analysis, Social science & medicine n. 71(12), 2010 pp. 2150-2161
– Newcomb M. E. & Mustanski B., Moderators of the relationship between internalized homophobia and risky sexual behavior in men who have sex with men: a meta-analysis, Archives of Sexual Behavior n. 40(1), 2011 pp. 189-199
– Rowen C. J. & Malcom J. P., Correlates of Internalized Homophobia and Homosexual Identity Formation in a Sample of Gay Men, Journal of Homosexuality n. 43(2), 2002 pp. 77-92
– Szymanski D. M. & Chung Y. B., Internalized homophobia in lesbians, Journal of Lesbian Studies n. 7(1), 2003 pp. 115-125