Psicoterapia ai tempi del Covid-19
Autore
Marika De Maio
In questo periodo di emergenza sanitaria, tutti noi siamo stati costretti a cambiare le nostre abitudini o a riadattarle per poter garantire la nostra e altrui sicurezza.
Così anche i terapeuti si sono trovati a fornire i loro servizi dall’interno delle proprie case, attraverso i propri dispositivi digitali. Ma è possibile fare psicoterapia a distanza?
La video-terapia comporta, ovviamente, alcuni svantaggi: viene a mancare la presenza fisica, quindi, la possibilità di osservare come il paziente si relaziona con l’ambiente e con il terapeuta, la distanza interpersonale, la postura, l’abbigliamento, ecc…
Occorre perciò che il clinico presti particolare attenzione al modo di presentarsi al paziente. È consigliabile fornire un’inquadratura ampia, che comprenda almeno la parte superiore del corpo, e non solamente viso e collo, in tal modo si può garantire una parte della dimensione corporea e mantenere gli aspetti legati a prosodia e gestualità.
Inoltre, nel caso di una video-terapia, è mostrata inevitabilmente una parte del proprio ambiente domestico, anch’essa deve essere scelta in modo attento dal professionista, in quanto importante elemento metacomunicativo e parte del setting che si viene a creare in questa situazione.
A proposito del setting, ovviamente non sarà possibile ricostruire un setting terapeutico vero e proprio, fatto di regole ed elementi concreti: anche perché, il paziente ha modo di decidere il luogo della terapia, e questo può avere diverse conseguenze. In primis, l’ambiente scelto può diventare oggetto di riflessione: c’è chi sceglie una stanza tranquilla della propria casa, chi va in macchina, chi passeggia per la propria abitazione, chi si distende sul letto o sul divano…
Questo comporta che la realtà del paziente entri con prepotenza nello spazio terapeutico. Inoltre, potrebbe succedere di dover analizzare emozioni o reazioni a eventi contingenti stressanti.
Un altro aspetto che è importante considerare nell’approccio alla video-terapia è la possibilità di vedere la propria immagine sullo chermo: questo, sebbene per alcuni pazienti possa essere considerato un fattore interferente (eventualmente da analizzare), per il terapeuta potrebbe costituire un grande aiuto nella gestione del colloquio.
Infatti, potrebbe essere efficace utilizzare questo feedback visivo per migliorare l’interazione con il paziente, ad esempio evidenziando alcune espressioni facciali in risposta a certe affermazioni ed eventualmente analizzando le possibili reazioni che a loro volta esse producono nel paziente.
D’altra parte però, occorre fare attenzione a non arrivare ad auto-monitorarsi fino a modificare in modo artificioso il proprio modo di condurre il colloquio.
Per quanto riguarda le tecniche terapeutiche, non tutte possono essere utilizzate, ma ve ne sono alcune che potrebbero risultare anche più efficaci in quanto prevedono di per sé che la presenza del terapeuta sia messa in secondo piano, come nel caso delle tecniche immaginative.
Esse, inoltre, potrebbero anche essere utilizzate in sostituzione degli esercizi comportamentali, guidando il paziente nell’immaginare situazioni in cui potrà trovarsi quando l’emergenza sanitaria sarà passata, in una sorta di role-playing adattato.
Infine, se il setting è favorevole, è possibile proporre pratiche di meditazione consapevole, avendo cura di chiedere al paziente di posizionare la videocamera in modo che sia visibile la sua persona interamente.
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