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Stress e il burnout tra i medici

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L’intervento psicologico per gestire lo stress e il burnout tra i medici

Autore

Giulia Clerici

Burnout, tradotto esaurimento, è definito come uno specifico stato psicologico di stress generato dalla propria professione e/o dal luogo di lavoro (World Health Organisation’s Interenational Classification of Diseases, 1992). Si tratta di un particolare tipo di stress suscitato nel contesto lavorativo che provoca un logoramento sia mentale che fisico, inducendo stati di demotivazione, disinteresse verso il lavoro e delusione. È particolarmente diffuso tra il personale medico, e in generale, tra le professioni sanitarie e assistenziali, ma si presenta in qualunque contesto lavorativo stressante.

La sindrome del burnout si riscontra in particolar modo tra coloro che hanno il compito di aiutare gli altri, e sembrerebbe esser provocata da alti livelli di coinvolgimento emotivo. Esperienze di questo tipo possono avere ripercussioni sullo stato di salute mentale: tra i medici circa il 75% mostra le caratteristiche del burnout, specialmente tra i neoassunti e coloro che lavorano in prima linea al pronto soccorso.

Alti livelli di stress sul luogo di lavoro si verificano quando fattori lavorativi si mescolano con quelli personali e privati, provocando un cambiamento psicologico e/o psicofisico nell’individuo coinvolto.

Il burnout è un particolare stato di stress che comprende sintomi di: esaurimento emotivo, depersonalizzazione e diminuzione della soddisfazione personale.

Gli effetti del burnout possono avere gravi conseguenze non solo per i medici, ma anche per i loro pazienti. Infatti, nel contesto lavorativo, sembrerebbe aumentare il rischio di commettere errori e di diminuire i livelli di attenzione e ascolto rivolti al paziente.

A livello personale, diminuisce la soddisfazione lavorativa e aumenta l’assenteismo, provocando una maggiore probabilità di abbandonare la professione prematuramente o di andare in pensione prima della data stabilita. Inoltre, alti livelli di stress e burnout sembrano compromettere i legami relazionali interpersonali con partner e familiari, e la cura personale. In generale sono danneggiate l’efficacia lavorativa, ma anche quella relazionale e individuale.

Per migliorare i contesti lavorativi ed evitare lo svilupparsi di condizioni descritte fino ad ora, si prendono tendenzialmente provvedimenti focalizzati sulle procedure mediche e sull’organizzazione burocratica, come il ridurre le ore di lavoro e la quantità di lavoro per lavoratore.

Tuttavia, l’effetto di queste misure non sembra essere efficace, specialmente di fronte alla ridotta disponibilità verso i cambiamenti organizzativi in ambito ospedaliero, e la scarsa disponibilità di risorse. Inoltre, poiché il burnout sembra essere causato non solo dalla scarsa organizzazione in ambito lavorativo, ma anche dal coinvolgimento emotivo dell’individuo stesso, l’effetto di questi interventi sarebbe scarso e riduttivo.

La terapia psicologica, invece, sembra produrre risultati più efficaci; alcune ricerche, riportano l’esistenza di tre diverse tipologie di intervento:
Il primo, focalizzato sui cambiamenti cognitivi e comportamentali, ha l’obiettivo di promuovere lo sviluppo delle capacità di coping e di gestione dello stress, tramite la mindfulness e le tecniche cognitive. Numerosi studi che hanno utilizzato questo tipo di terapia mostrano una riduzione significativa dello stress dopo un periodo di partecipazione alle sedute (Bragard et al., 2010; Pflugeisen et al., 2016; Sood et al., 2014; Sood et al., 2011; Wetzel et al., 2011).
La seconda tipologia di intervento si baserebbe sull’allenamento dell’attenzione e delle capacità di rilassamento. Sebbene in molti interventi di tipo cognitivo comportamentale sia previsto un training sull’attenzione e sulle abilità di rilassamento, alcuni studiosi hanno testato l’efficacia dei training da soli, senza l’intervento psicoterapeutico. Studi recenti riportano alcune strategie di rilassamento e focalizzazione dell’attenzione: usare immagini mentali specifiche da utilizzare durante le operazioni chirurgiche con lo scopo di indurre uno stato di rilassamento e focalizzare l’attenzione sul lavoro svolto in quel momento (Arora et al, 2011); porre l’attenzione sul controllo del respiro con l’intento di ridurre e gestire la percezione dello stress (Ospina-Kammerer & Figley, 2003); impiegare sistemi di bio-feedback che permettano di osservare il battito cardiaco (Lemaire et al., 2011). Nonostante molti studi riportino l’efficacia degli allenamenti attentivi fino ad ora descritti, i dati non sembrano essere comparabili all’efficacia della combinazione con un intervento di psicoterapia cognitivo-comportamentale (Clough et al. 2017).

Infine, la terza tipologia di intervento si basa su sedute sia individuali che di gruppo. In particolare, le sedute riguardano il miglioramento della comunicazione tra colleghi, al fine di creare un dialogo e una comunicazione più flessibile. La discussione di gruppo, avviene in presenza di un terapeuta , che aiuta l’individuo ad affrontare le proprie emozioni in un ambiente sicuro e ad elaborarle correttamente (Bar-Sela et al., 2012; Ghetti et al., 2009; Gunasingam et al., 2015).

Per quanto riguarda il personale medico, attualmente, esistono interventi psicologici comportamentali per il trattamento e la gestione dello stress. Questi interventi sembrano essere sufficientemente efficaci da cambiare i livelli di stress e prevenire la sindrome del burnout.

Ci auspichiamo che in futuro la ricerca focalizzi il proprio interesse su questo tema, in modo da sottolineare l’importanza dell’intervento psicologico nella sindrome del burnout, allo scopo di istruire il personale medico a gestire, non solo lo stress personale, ma anche quello lavorativo, soprattutto, nella relazione con i pazienti.

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